23 Febbraio 2022


Con l’ordinanza interlocutoria n. 4117 del 2022, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha rimesso al Primo Presidente, affinché valuti l’opportunità di assegnazione alle Sezioni Unite, la questione relativa alla sorte del mutuo fondiario concesso in violazione dei limiti di finanziabilità di cui all’art. 38 del Testo Unico Bancario (T.U.B.).
Siffatta disposizione regolamentare, dopo avere, al primo comma, definito la nozione di credito fondiario (alla stregua di quello che ha per oggetto la concessione da parte di un istituto di credito di un finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado sull’immobile) demanda alla Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, di «determinare l’ammontare massimo dei finanzia menti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi»; ammontare determinato nella misura dell’80% nella delibera CICR del 22 aprile 1995. La norma, pur tuttavia, non contempla esplicitamente alcuna conseguenza per il caso di concessione di un finanziamento violativo della soglia. Invero, la sanzione della nullità è testualmente prevista dall’art. 117, comma 8, TUB, che assegna alla Banca d’Italia il potere di prescrivere «che determinati contratti, individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato. I contratti difformi sono nulli. Resta ferma la responsabilità della banca o dell’intermediario finanziario per la violazione delle prescrizioni della Banca d’Italia».
La questione trae origine da una vicenda fallimentare nella quale era stato ammesso alla procedura un credito in via chirografaria non sussistendo, a parere del giudice delegato, l’esistenza del mutuo fondiario sotteso al credito.
Secondo i giudici del gravame, diversamente da quanto prospettato, la violazione dei limiti di finanziabilità non comporta l’invalidità dell’accordo: l’art. 38 T.U.B. si caratterizza infatti come elemento necessario del contratto e non rientra nell’ambito della previsione ex art. 117, co. 8 T.U.B., il quale attribuisce all’organo di vigilanza un potere “conformativo” o “tipizzatorio” del contenuto del negozio giuridico.
La curatela fallimentare propone ricorso in Cassazione contro tale decisione, eccependo la nullità del mutuo fondiario che violi i limiti di finanziabilità.
Nell’ordinanza, la Prima Sezione espone tutto il percorso giurisprudenziale adottato dalla Corte in materia a partire dalle sentenze gemelle del 2013 (n. 26672/2013 e n. 27380/2013) secondo cui il mancato rispetto del limite di finanziabilità non costituirebbe una circostanza normalmente accertabile al momento della stipulazione del contratto, atteso che la Banca d’Italia, nel determinare il limite dei finanziamenti, non ha al contempo prescritto la necessaria indicazione nel contratto degli elementi di riferimento, quale il valore dell’immobile o il costo delle opere. Del pari, se le violazioni delle disposizioni attuative dell’art. 117 TUB sono fonte di nullità relativa, finalizzate a proteggere l’interesse del contraente più debole, l’art. 38 TUB, per converso, lungi dal tutelare l’interesse del cliente (che, anzi, potrebbe vantare l’interesse ad ottenere il finanziamento massimo possibile), è collocato a presidio del sistema bancario, onde evitare che l’Istituto assuma esposizioni eccessive senza adeguate contropartite e garanzie, venendo, dunque, in rilievo non una norma-atto, ma una norma di buona condotta, la cui violazione può determinare solo l’irrogazione delle sanzioni previste dall’ordinamento bancario, ovvero essere fonte di eventuale responsabilità.
A partire dal 2017 la Corte di Cassazione ha mutato il proprio orientamento, reputando più convincente l’idea che il superamento della soglia comporti la nullità del contratto, ferma restando la possibilità di operare la conversione in ordinario finanziamento ipotecario, sussistendone i presupposti.
In altri termini, riaffermata la non riconducibilità della previsione dell’art. 38 TUB alle nullità testuali previste dall’art. 117 TUB, la giurisprudenza di legittimità non ha condiviso il restante percorso argomentativo delle summenzionate pronunce “gemelle”, individuando, per contro, nella sanzione della nullità virtuale l’unico possibile convincente presidio posto a tutela della natura pubblica dell’interesse (economico nazionale) violato.
Concludendo, a giudizio della Prima Sezione Civile occorre verificare se la tutela degli interessi in gioco non sia più efficacemente presidiata attraverso un’operazione che, senza necessariamente utilizzare la sanzione della nullità del contratto, si limiti a risolvere la questione attraverso l’utilizzo di una semplice tecnica di natura qualificatoria.
Sul presupposto del difficile utilizzo della conversione del contratto nullo (che, dal punto di vista sostanziale, richiede l’ignoranza di entrambe le parti circa l’invalidità del contratto stipulato), un percorso effettivamente alternativo potrebbe essere costituito dalla riqualificazione del contratto alla stregua di un mutuo ipotecario ordinario, prescindendo dal nomen iuris adoperato dalle parti e sterilizzandolo delle tutele speciali previste dalla legge, in favore del mutuante, per i finanziamenti fondiari. In tal modo, il rispetto del c.d. “scarto di garanzia” finirebbe per incidere non sul piano della validità del contratto, ma unicamente sulla possibilità di applicare, al programma negoziale posto in essere dalle parti, le peculiari conseguenze ricollegate dalla legge al finanziamento fondiario e, dunque, sulla possibilità per l’istituto di godere della relativa disciplina di favore.

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