14 Febbraio 2022

La sentenza n. 3086/2022 rappresenta un punto di riferimento ineludibile per la materia del processo civile: in questa sede, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno difatti delimitato i poteri conferiti ai consulenti tecnici d’ufficio dall’ordinamento, con riferimento specifico ai termini preclusivi delle attività processuali delle parti.

La vicenda storica da cui trae origine la decisione affonda le proprie radici in un contenzioso di natura bancaria, nel quale due correntisti avevano citato in giudizio la propria banca, chiedendo che l’istituto di credito venisse condannato al risarcimento dei danni patiti in seguito ad alcune sottoscrizioni apposte fraudolentemente dal direttore della filiale di riferimento, relative alle movimentazioni in uscita dal conto corrente.

In primo grado, l’istituto di credito proponeva istanza di verificazione ai sensi dell’art. 216 c.p.c., poi rinunciata dallo stesso nel corso del giudizio. In questa sede, veniva pertanto condannata al risarcimento dei danni, sulla base dei risultati di una consulenza contabile.

La Corte d’Appello riformava parzialmente la sentenza di primo grado, quantomeno nella parte relativa all’ammontare del risarcimento; tale importo veniva ridotto sottraendo dal computo totale le somme riferibili alle movimentazioni in entrata sul conto e ciò sulla base della consulenza grafologica posta in essere durante il giudizio di primo grado, dalla quale era comunque emerso, nonostante la rinuncia della banca, la falsità delle sottoscrizioni.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso in Cassazione i correntisti, rilevando l’erroneità della sentenza di secondo grado nella parte in cui essa aveva posto a base della sentenza di riforma una perizia grafologica rinunciata dalla banca e, come tale, da ritenersi apocrifa; inoltre, veniva lamentato il nuovo ammontare del risarcimento, in quanto costituito non solo dalle contabili del pagamento in uscita, ma anche da quelle in entrata, del quale era stata accertata l’apocrifia.

Le Sezioni Unite hanno ritenuto fondato il ricorso, al termine di un amplissimo ragionamento giuridico e storico, sulla base dei seguenti principi di diritto:

  1. in materia di consulenza tecnica d’ufficio, il CTU nominato dal giudice può accertare tutti i fatti che siano inerenti all’oggetto della lite il cui accertamento si renda necessario, col fine di rispondere ai quesiti sottopostigli e a condizioni che non si tratti di fatti principali, il cui onere della prova ricade sulle parti, fatto salvo il caso in cui tali fatti siano rilevabili d’ufficio;
  2. allo stesso modo, alle stesse condizioni e con gli stessi limiti, il CTU nominato dal giudice può acquisire anche i documenti che si ritengano essere indispensabili per rispondere ai quesiti sottopostigli, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti;
  3. qualora l’attività del CTU rientri nella fattispecie di esame contabile ex art. 198 c.p.c., il CTU può acquisire anche quei documenti che siano diretti a provare i fatti principali posti a fondamento della domanda e delle eccezioni a opera delle parti;
  4. è sottoposta a nullità relativa, rilevabile dalla parte nella prima difesa o su istanza successiva all’atto viziato (o alla notizia di esso), la circostanza per la quale siano stati accertati fatti diversi da quelli su esposti o siano stati acquisiti documenti nelle modalità su esposte in violazione del contraddittorio tra le parti;
  5. a nullità assoluta rilevabile d’ufficio o, in difetto, di motivo di impugnazione ai sensi dell’art. 161 c.p.c. sono infine sottoposte le stesse circostanze del punto 4 che abbiano violato il principio della domanda ed il principio dispositivo.

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